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di Gaia Malara

La perdita di una persona cara, soprattutto se è inaspettata, può essere paragonata a un terremoto che può scuotere la vita di chiunque. Anche la morte di una leggenda ha lo stesso potere. E la morte di Kobe Bryant ha avuto questo potere. Ha scosso la vita di tutti, dalla famiglia, a chi conosceva, ai suoi fans. Perché quando muore una persona famosa, una leggenda, qualcuno che è riuscito ad arrivare sul podio dei vincenti, ci ricordiamo che non siamo immortali, che tutti noi non siamo immortali.

Dovemmo essere preparati alla morte, si nasce a si muore, è il ciclo della vita. Eppure, quando la morte è reale, ci rendiamo conto che non siamo abbastanza pronti, poiché essa rimane un tabù da evitare a tutti i costi e, infondo, qualcosa che capita sempre agli altri. Non a noi. No a chi sta sul podio delle celebrità.

Ed è in questa fase di negazione che si cerca in tutti i modi di sopprimere l’angoscia di morte, quel sentimento che si prova pensando alla caducità della vita e che emerge ancora più prepotentemente nei periodi di lutto. Quando si perde qualcuno si è rammaricati per il vuoto che lascia, ma anche per il vuoto che lasceremo noi. La morte dell’altro ci ricorda la nostra morte.

Kobe Bryant e i Lakers

I Lakers hanno assunto psicologi specializzati in situazioni di lutto per aiutare non solo il proprietario Buss, il direttore generale Pelinka, ex agente di Kobe, ma anche tutte le persone che lavorano ogni giorno negli uffici ed intorno al team.

La psicoterapia e il sostegno del lutto sono forme di intervento che mirano ad aiutare le persone ad affrontare il dolore e il lutto in seguito alla morte di una persona cara.

Anche se, come abbiamo detto la morte è un ciclo di vita naturale, l’elaborazione del dolore e del lutto può divenire quello che in psicologia viene definito “lutto complicato”.

Quando la morte segue ad una malattia prolungata il processo di elaborazione del lutto si attiva prima del decesso (lutto anticipatorio). In questo caso le persone sono preparate al distacco, anche se una assistenza impegnativa e lunga del malato può complicare il processo di elaborazione della perdita.
La morte improvvisa, invece, è la situazione che più comunemente rende complicata l’elaborazione del lutto, in particolare se si tratta di una morte violenta, come in questo caso.

Le fasi del lutto

La figura dello psicologo è importante, nel caso di lutto complicato è fondamentale e indispensabile per il processo di elaborazione che, secondo la teoria di Elisabeth Kübler-Ross, attraversa 5 fasi.

Le 5 fasi sono:

  1. La negazione, rifiuto ed isolamento
  2. La rabbia
  3. Negoziazione
  4. Depressione
  5. Accettazione

E’ doveroso sottolineare che, essendo fasi e non stadi, non hanno un ordine prestabilito e, anzi, possono alternarsi, presentarsi diverse volte, sovrapporsi e anche non attraversarle necessariamente tutte.

Ma è solo nella fase di accettazione che la persona considera il dolore della perdita per quello che è, ricorda con gioia la persona che non c’è piu’, è grata delle cose che la circondano e della sua vita ma soprattutto è in grado di riorganizzarla.

Spero che le persone vicine a Kobe, tra cui la moglie (che ha perso un marito e una figlia) e l’altra figlia riescano, con l’aiuto degli esperti, ad attraversare questo momento ed elaborare il lutto in serenità.

Vi lascio con una frase bellissima:

 “Non perdiamo mai di vista noi stessi, i nostri sogni, i nostri desideri”

Kobe Bryant