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PLP sostiene pienamente la posizione di Confprofessioni in merito alla norma sull’equo compenso in discussione al Senato.

L’Associazione Psicologi Liberi Professionisti chiede UNA VERA LEGGE sull’Equo compenso, in ferma contrapposizione all’attuale testo del Disegno di Legge “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” all’esame del Senato, perché irrimediabilmente lesivo dei diritti dei professionisti, lavoratori autonomi. Il testo così com’è “non riconosce l’equo compenso al professionista, ma sanziona il professionista stesso che chiede l’equo compenso” come più volte denunciato dal Presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella.

Il disegno di legge all’esame della Commissione Giustizia del Senato, nato per tutelare i professionisti e garantire loro un equo compenso, paradossalmente prevede sanzioni disciplinari a carico del professionista che si veda corrisposto un compenso non equo, di fatto scoraggiandone dunque la rivendicazione per paura delle sanzioni. 

Oltre al danno la beffa.

Una norma punitiva, per niente a tutela dei professionisti ordinistici, che lascia invece liberi i professionisti non ordinistici e le professioni non regolamentate.

Si dovrebbe sanzionare il committente, non il professionista, parte debole del contratto.

La stessa noma, in virtù dell’Art. 6, attribuisce facoltà alle imprese di stipulare convenzioni concordando con gli ordini e i collegi professionali i compensi per l’erogazione di prestazioni professionali da parte degli iscritti, attribuendo di fatto agli ordini, enti pubblici, il potere di stabilire il compenso che si definisce equo fino a prova contraria. È chiaro a tutti come questo sia in violazione della libertà del professionista stesso di negoziare il proprio compenso sulla base di parametri ministeriali già stabiliti.

Altro punto critico è certamente la composizione dell’Osservatorio previsto, che sembra anch’esso nato per vigilare sul professionista più che sui committenti inadempienti, in cui sono inseriti gli ordini, e non le associazioni di categoria, che hanno mandati ben diversi.

Inoltre, la norma prevede che il professionista può esigere l’equo compenso soltanto da imprese bancarie e assicurative o da società di grandi dimensioni o Pubbliche amministrazioni, non risolvendo ad esempio, il problema delle scarse tutele dei professionisti che lavorano come consulenti o con incarichi di lavoro autonomo, presso cooperative, società di formazione o Enti di piccole e medie dimensioni. Tutte le perplessità e le criticità di questo testo erano già state presentate da Confprofessioni in audizione presso la Commissione Giustizia del Senato il 24 novembre 2021, auspicando e proponendo aggiustamenti necessari per garantire alla norma di assolvere alla sua funzione di tutela del lavoro autonomo.

Ad oggi, la legge sull’equo compenso così declinata è una legge punitiva e sanzionatoria della vittima della condotta illegale. Sarebbe come dire che se un lavoratore dipendente venisse sottopagato dal proprio datore di lavoro, il lavoratore potrebbe richiedere quanto dovuto, ma verrebbe sanzionato. Cosa assurda, no? Ci chiediamo, allora, perché il lavoro dipendente può essere tutelato e il lavoro autonomo viene vessato?

Riteniamo sia arrivato il momento che le Istituzioni mettano in pratica i principi di giustizia ed equità, passando dalle parole ai fatti, a partire proprio dalla modifica di questo testo.

PLP Associazione Psicologi Liberi Professionisti